martedì 10 febbraio 2009

Anzi no, da oggi! - 3

E finiamo, per ora, con il Rodotà (giurista, ex Garante della Privacy) di tre giorni fa...

Giornata nera per la Repubblica
da La Repubblica del 07.02.09
di Stefano Rodotà

È una pessima giornata per la Repubblica. Siamo di fronte ad un conflitto costituzionale davvero senza precedenti.

E cioè ad un governo che sfida il Presidente della Repubblica che si era fatto fermo difensore delle ragioni della Costituzione e dei diritti fondamentali delle persone. La gravissima decisione del Governo di intervenire con un decreto nella vicenda di Eluana Englaro, dopo che Giorgio Napolitano aveva pubblicamente motivato le ragioni del suo dissenso, sovverte gli equilibri istituzionali, apre una fase in cui si va ben oltre quella "tirannia della maggioranza", di cui ci ha parlato in modo eloquente il liberale Alexis de Tocqueville, e si entra in una "terra incognita" dove la partita politica è dominata non dal senso dello Stato, ma dalla brutale volontà del presidente del Consiglio di offrire rassicurazioni agli esponenti di una potenza straniera a qualsiasi costo, anche quello dello sconvolgimento della stessa democrazia costituzionale.
È così, anche se una affermazione tanto netta può sembrare brutale. Con una sola mossa vengono colpiti molti bersagli. La Costituzione, unica carta dei valori democraticamente legittimata, vera "Bibbia laica", viene travolta per porre al suo posto un´etica di Stato attinta ai diktat delle gerarchie vaticane (non a un sentire diffuso nello stesso mondo cattolico, che alla vicenda di Eluana Englaro si è avvicinato con rispetto e pietà). La sovranità del Parlamento viene ulteriormente mortificata, perché ad esso si nega la prerogativa d´essere il luogo privilegiato per discutere e decidere quando si tratta di diritti fondamentali. L´autonomia della magistratura scompare nel momento in cui si cancellano le sue decisioni con un atto d´imperio, creando un precedente devastante per la sopravvivenza stessa di un brandello di Stato di diritto. I diritti fondamentali delle persone non sono più affidati alla garanzia della legge, ma alle pulsioni delle maggioranze.
Ma il bersaglio maggiore è proprio il Presidente della Repubblica, che mai come in questo momento incarna limpidamente la sua funzione di massimo garante della Costituzione. Ispirandosi al principio della "leale collaborazione" tra gli organi dello Stato, Giorgio Napolitano aveva nei giorni scorsi manifestato al governo le sue perplessità su un decreto che, rendendo impossibile l´esecuzione di una decisione della magistratura, si esponeva evidentemente al rischio dell´incostituzionalità. Quando è stato reso noto il possibile contenuto del decreto, che alcune contorsioni interpretative rendevano ancor più inaccettabile (la sentenza n. 334 del 2008 della Corte costituzionale ha chiarito che la competenza in materia spetta alla magistratura), il Presidente della Repubblica ha inviato una lettera al presidente del Consiglio per ribadire il suo punto di vista, con un atto di straordinaria trasparenza e responsabilità, reso necessario proprio dall´eccezionalità della situazione e dall´emozione con la quale viene seguita una vicenda così drammatica. Mai come in questo momento l´opinione pubblica ha bisogno di chiarezza, di comportamenti istituzionali immediatamente decifrabili, e non dell´eterno gioco dei sotterfugi, dei percorsi obliqui. Dopo la forzatura dell´atto di indirizzo del ministro Sacconi, rivelatosi privo di una pur minima base giuridica, diveniva ancor più evidente la necessità di seguire percorsi costituzionalmente impeccabili. La lettera di Napolitano è la testimonianza di un scrupolo istituzionale raro, di un rigore argomentativo al quale nessuno dovrebbe sottrarsi.
Nelle sue dichiarazioni, invece, il presidente del Consiglio rivela una distanza abissale dalla logica costituzionale, una concezione proprietaria della decretazione d´urgenza che, a suo dire, sarebbe completamente sottratta a qualsiasi valutazione da parte del Presidente della Repubblica. Tesi costituzionalmente non proponibile, come nella sua lettera aveva già chiarito il Presidente della Repubblica con indicazioni che Berlusconi volutamente ignora, passando addirittura alle minacce: dichiara, infatti, che, se non gli viene consentito di usare i decreti legge a suo piacimento, cambierà la Costituzione. Così, com´è sua collaudata abitudine, schiera se stesso e le sue troppo docili truppe per un nuovo e devastante assalto alla legalità, seguendo il suo collaudato copione plebiscitario che lo porta addirittura ad ignorare quali siano le procedure per la revisione costituzionale, visto che afferma che ritornerebbe "dal popolo a chiedere un cambiamento della Costituzione". Mai dichiarazione fu più rivelatrice di questa. La Costituzione non è la regola delle regole, ma un impaccio di cui ci si può tranquillamente liberare. La rottura costituzionale è dichiarata.
Così Berlusconi gioca il governo contro il Presidente della Repubblica e si prepara a rendere concreta un´altra minaccia. Visto che il Presidente della Repubblica ha già dichiarato che non firmerà un decreto "incostituzionale", porterà in Parlamento un disegno di legge sul testamento biologico da approvare in tre giorni. Così gioca il governo anche contro il Parlamento, esplicitamente declassato dal Principe a buca delle lettere, a luogo dove la sua volontà dev´essere ratificata senza discussione.
Si apre, dunque, una fase in cui al grande tema del morire con dignità si affianca quello, grandissimo, della difesa della Costituzione. Immediata, allora, diventa la responsabilità di tutte le forze politiche, degli organi istituzionali chiamati ad una pubblica assunzione della responsabilità loro propria, come ha già fatto, dimostrando senso dello Stato e della legalità, il Presidente della Camera, Gianfranco Fini. Responsabilità tanto maggiore in quanto, sia pure attraverso il discutibile strumento dei sondaggi, l´opinione pubblica si è espressa, dichiarandosi per il 79% a favore del morire dignitoso di Eluana Englaro e addirittura per l´83% a favore di una Chiesa che parli alle coscienze e non pretenda di imporre la fede attraverso gli atti del legislatore. Torna qui alla memoria il diverso spirito dei cattolici democratici, che si coglie nelle parole dette da Aldo Moro al consiglio nazionale della Dc all´indomani della sconfitta nel referendum contro la legge sul divorzio, nel 1974, con le quali si metteva in guardia contro le forzature «con lo strumento della legge, con l´autorità del potere, al modo comune di intendere e disciplinare, in alcuni punti sensibili, i rapporti umani»; e si consigliava «di realizzare la difesa di principi e valori cristiani al di fuori delle istituzioni e delle leggi, e cioè nel vivo, aperto e disponibile tessuto della nostra vita sociale». Ma il limite all´intervento del legislatore non trova il suo fondamento solo in ragioni di opportunità. Ricordiamo le parole alte e forti con le quali si chiude l´articolo 32 della Costituzione, dedicato al fondamentale diritto alla salute, dunque al governo della propria vita: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». È proprio questo il caso di Eluana Englaro e di tutti coloro che vorranno liberamente decidere sul loro morire. Vi è un confine costituzionale che il legislatore non può varcare � né con decreti legge, né con altri strumenti normativi � oltre il quale compare la persona con la sua autonomia e la sua libertà.
Quei sondaggi, allora, sono un monito e una risorsa. Un monito alle forze politiche, che di quei cittadini dovrebbero essere consapevoli interlocutori. E si tratta di una risorsa che sono gli stessi cittadini a dover utilizzare, levando forte la voce perché la forzatura istituzionale non passi. Nessun dialogo, nessuna collaborazione politica possono svilupparsi in panorama disseminato da macerie istituzionali.

Anzi no, da oggi! - 2

E poi, vengono i giuristi, cittadini ed intellettuali che ogni 'albertosordo' ha in odio, come per ogni tipologia di Autorità, e vorrebbe zittire ad ogni costo...

Il veleno nichilista che anima il regime

da La Repubblica del 9 febbraio 2009, pag. 1

di Gustavo Zagrebelsky

Viviamo un momento politico-costituzionale certamente particolare. Questo non è in discussione, sia presso i fautori, sia presso i detrattori del regime attuale. Non sarà fuori luogo precisare che, in questo contesto, la parola regime vale semplicemente a dire - secondo il significato neutro per cui si parla di regime liberale, democratico, autoritario, parlamentare, presidenziale, eccetera - "modo di reggimento politico" e non ha alcun significato valutativo, come ha invece quando ci si chiede, con intenti denigratori espliciti o impliciti, se in Italia c`è "il regime". Ma che tipo di regime? Questa è la domanda davvero interessante. Alla certezza-viviamo in "un" regime che ha suoi caratteri particolari - non si accompagna però una definizione che dia risposta a quella domanda. Sfugge il carattere fondamentale, il "principio" o (secondo l`immagine di Montesquieu) il ressort, molla o energia spirituale che lo fa vivere secondo la sua essenza. Un concetto semplice, una definizione illuminante, una parola penetrante, sarebbero invece importanti per afferrarne l`intima natura e per prendere posizione. Le definizioni, per la verità, non mancano, spesso fantasiose e suggestive. Anzi sovrabbondano, a dimostrazione che, forse, nessuna arriva al nocciolo, ma tutte gli girano intorno: autocrazia; signoria moderna; egoarchia; governo padronale o aziendale; dominio mediatico; grande seduzione; regime dell`unto del Signore; populismo o unzione del popolo; videocrazia; plutocrazia, governo demoscopico. Si potrebbe andare avanti. Si noterà che queste espressioni, a parte genericità ed esagerazioni, colgono (se li colgono) aspetti parziali e, soprattutto, sono legate a caratteri e proprietà personali di chi il regime attuale ha incarnato e tuttora incarna.

Ed è una visione riduttiva, come se si trattasse soltanto di un affare di persone; come se, cambiando le persone, potesse cambiare d`un tratto e del tutto la trama della politica. Invece, prassi, mentalità e costumi nuovi si sono introdotti partendo da lontano; sistemi di potere e metodi di governo sono stati istituiti. Un regime non nasce di colpo, va consolidandosi e forse andrà lontano. È un`illusione pensare che ciò che è stato ed è possa poi passare senza lasciare l`orma del suo piede. La questione che ci interroga è quella di cogliere con un concetto essenziale, comprensivo ed esplicativo di ciò che di oggettivo è venuto a stabilizzarsi e a sedimentare nella vita pubblica e che opera e opererà in noi, attorno a noi e, forse, contro di noi. Se, parlando di regime oggi, è inevitabile che il pensiero corra a ciò che si denomina genericamente "berlusconismo", dobbiamo tenere presente che qui non si tratta di vizi o virtù personali ma di una concezione generale del potere che sì irraggia più in là. Colpisce che tutti i tentativi per arrivare a cogliere un`essenza giusti o sbagliati che siano-si fermino comunque ai mezzi: denaro, televisione, blandizie e minacce, corruzione, seduzione, confusione del pubblico nel privato e viceversa, impunità, sondaggi, eccetera. Ma tutto ciò in vista di quale fine? Proprio il fine dovrebbe essere ciò che qualifica l`essenza di un regime politico, ciò che gli dà senso e ne rende comprensibile la natura. Se non c`è un fine, è puro potere, potere per il potere, tautologia. Ma qui il fine, distinto dai mezzi, è introvabile. A meno di credere a parole d`ordine tanto generiche da non significare nulla o da poter significare qualunque cosa - libertà, identità nazionale, difesa dell`Occidente, innovazione, sviluppo, o altre cose di questo genere - il fine non si vede affatto, forse perché non c`è. O, più precisamente, il fine c`è ma coincide coni mezzi: è proteggere e potenziare i mezzi. Una constatazione davvero sbalorditiva: un`aberrazione contro-natura, una volta che la politica sia intesa come rapporto tra mezzi e finì, rapporto necessario affinché il governo delle società sia dotato di senso e il potere e la sua pretesa d`essere riconosciuto come legittimo possano giustificarsi su qualcosa di diverso dallo stesso puro potere. A parte forse l`autore della massima "il potere logora chi non ce l`ha", nessuno, nemmeno il Principe machiavelliano, ha mai attribuito al potere un valore in sé e per sé stesso. «Il fine giustifica i mezzi» è uno dei motti del machiavellismo politico; ma che succede se «i mezzi giustificano i mezzi»? E la crisi della ragion politica, o della politica tout court. È il trionfo della " ragione strumentale " nella politica. Siamo di fronte a qualcosa di incomprensibile, inafferrabile, incontrollabile, qualcosa all`occorrenza capace di tutto, come in effetti vediamo accadere sotto i nostri occhi: un giorno dialogo, un altro scomuniche; un giorno benevolenza, un altro minacce; un giorno legalità, un altro illegalità; ciò che è detto un giorno è contraddetto il giorno dopo. La coerenza non riguarda ì fini ma i mezzi, cioè i mezzi come fini: si tratta di operare, non importa come e con quale coerenza, allo scopo di incrementare risorse, influenza, consenso. Il politico adatto a questa corruzione della vita pubblica è l`uomo senza passato e senza radici, che sa spiegare le vele al vento del momento; oppure l`uomo che crede di avere un passato da dimenticare, anzi da rinnegare, per presentarsi anch`egli come uomo nuovo. È colui che proclama la fine delle distinzioni che obbligherebbero a stare o di qua o di là. Così, si può fingere di essere contemporaneamente di destra e di sinistra o di stare in un "centro" senza contorni; sì può avere un`idea, ma anche un`altra contraria; ci si può presentare come imprenditori e operai; si può essere atei o agnostici ma dire che, comunque, "si è alla ricerca"; si può dare esempio pubblico della più ampia libertà nei rapporti sessuali e farsi paladini della famiglia fondata sul santo matrimonio; si può essere amico del nemico del proprio amico, eccetera, eccetera. Insomma: il "politico" di successo, in questo regime, è il profittatore, è l`uomo "di circostanza" in ogni senso dell`espressione, è colui che "crede" in tutto e nel suo contrario. Questo tipo di politico conosce un solo criterio di legittimità del suo potere, lo stare a galla ed espandere la sua influenza. Il suo fallimento non sta nella mancata realizzazione di un qualche progetto politico. Se egli vive di potere che cresce, anche una piccola battuta d`arresto può essere l`inizio della sua fine. Non sarà più creduto. Per questo ogni indecisione, obbiettivo mancato o fallimento deve essere nascosto o mascherato e propagandato come un successo. La corruzione e la mistificazione della dura realtà dei fatti e della loro verità è nell`essenza di questo regime. Il rapporto col mondo esterno corre il rischio di essere "disturbato". L`uomo di potere, di questo tipo di potere, non vede di fronte a sé alcuna natura esterna, poiché diventa ai suoi occhi egli stesso natura (naturalmente, lo si sarà compreso, si sta parlando di "tipo ideale", cioè di un modello che, nella sua perfezione, esiste solo in teoria). Abbiamo iniziato queste considerazioni col proposito di cercare una definizione che, in una parola, condensi tutto questo. L`abbiamo trovata? Forse sì. Non ci voleva tanto: nichilismo, inteso . come trasformazione dei fatti e delle idee in nulla, scetticismo circa tutto ciò che supera l`ambito (sia esso pure un ambito smisurato) del proprio interesse. Chi conosce la storia di questo concetto sa di quale veleno, potenzialmente totalitario, esso abbia mostrato d`essere intriso. Ciò che, invece, si fa fatica a comprendere è come chi tuona tutti i giorni contro il famigerato "relativismo" non abbia nessun ritegno, addirittura, a tendergli la mano.

Anzi no, da oggi! - 1

Anzi no, rispettati i 4' e 33'' di silenzio, proprio non ce la faccio a tenermi tutto dentro.
Iniziamo a raccogliere le risposte...!

Giù le mani da quel corpo
da La Repubblica del 9 febbraio 2009, pag. 1

di Natalia Aspesi

Attorno a un corpo assente, in cui il tempo e il sangue scorrono insensibili come sabbia in una clessidra, isolato nel silenzio e nell`estraneità alla vita, continua ad agitarsi dissennata una parte del Paese. Quella parte di Paese che ha perso la testa umiliando oltre a se stesso anche la sacralità di un lunghissimo calvario, la sofferenza eroica di una famiglia, il vuoto muto di un`inesistenza. Nell`assoluto disprezzo di quel corpo, che avrebbe diritto di finire nella quiete e nell`amore il prolungamento di un interminabile doloroso viaggio già concluso 17 anni fa, prosegue un fracasso di pareri, un esibizionismo di cortei, un vergognoso andirivieni di ispettori, di incaricati, di ficcanaso governativi, e adesso di bollettini che raccontano le raccapriccianti fasi che dovrebbero accompagnarlo dove il tormento finirà. Non si tratta più di Eluana, che del resto manca al mondo da un tempo infinito, se se ne contano i giorni; né si tratta più del diritto alla vita o a una fine dignitosa, della morale religiosa o dell`etica laica, di Dio o dello Stato. Ma di un drammatico conflitto istituzionale, e si può già immaginare che chi lo ha provocato, continuerà a servirsi politicamente di quel corpo, sia che trovi finalmente, cristianamente pace o che sia costretto dalla più torva crudeltà degli interessi di potere a ripiombare nella prigione disumana delle funzioni fisiche artificiali. Il signor Englaro, nella cadenza quotidiana di troppi anni, ha visto, giorno dopo giorno, il giovane corpo della sua bellissima, ridente figlia, trasformarsi, perdersi, rinchiudersi, sbiadire, diventare altro, neppure l`ombra dì quello che era, una forma immobile e perduta, svincolata da ciò che la circonda, che la grandezza di un padre ha potuto continuare ad accudire teneramente, dolcemente, per inestinguibile amore. In quel corpo che ha sostituito Eluana, lui solo può riconoscere sua figlia, e continuare ad amarla: è per questo che con eroico orgoglio l`ha difeso da ogni squallido tentativo, e ce ne sono stati, di rubarne le immagini drammatiche. Per tutti, per chi crede al diritto di interrompere l`inesistenza e per chi invece questo diritto vuole negarlo, Eluana è sempre quella selva di capelli neri, quel sorriso splendente, quello sguardo felice, quella ragazza che invece ha finito di vivere tanti anni fa. Adesso il signor Englaro invita sia il premier che il capo dello Stato a visitare ciò che resta di sua figlia. Si fa, lo fanno sempre i nostri rappresentanti quando accadono disastri e "si recano", come dicono i telegiornali, al capezzale dei feriti, a consolare i parenti delle vittime. Essi non possono esimersi, soprattutto il premier che tanto tiene che quel corpo continui il suo percorso artificiale, ha il dovere, al più presto, di portare in quella stanza in penombra il conforto della sua presenza, e di restarci da solo, per un lungo tempo, a riflettere, pensando alla vita, immaginandosi padre di quella creatura, dimenticandosi per un momento della sua smania di potere. Sarebbe vile rifiutarlo, sarebbe come rendere vane tutte le parole, e non solo le sue, in difesa non della vita in generale, ma solo di questa vita spenta, diventata ostaggio politico. Certo se il premier farà il suo dovere, in quella stanza della clinica di Udine non pensi di trovare quella deliziosa attrice che nel film di Almodovar "Parla con lei", è una ragazza in coma da quattro anni, così bella da far innamorare l`infermiere che cura anche troppo intimamente il suo corpo insensibile. Pensava a quella storia il premier quando ha pronunciato quella tragica frase, «Eluana potrebbe avere dei figli»? Nel film di Almodovar la ragazza in stato vegetativo, che non sa, non sente, non può reagire, non esiste, resta incinta, vittima ovviamente di uno stupro necrofilo. Pensandoci, oggi vengono i brividi, e non c`è altro da dire.

Oggi silenzio, ma domani...

Oggi 4 minuti e 33 secondi di 'silenzio', ma da domani ecco cosa imporrà una risposta...

Che branco di mascalzoni questi gentiluomini che si dicono laici
da Il Foglio del 9 febbraio 2009, pag. 1

di Giuliano Ferrara

Che branco di mascalzoni questi gentiluomini. Ci dicono pagani, golpisti, sfruttatori del dolore, mestatori nel torbido, autori di uno scempio. Questi che si dicono laici e che sono soltanto relitti del vecchio familismo amorale degli italiani, specie quando recitano il coro vomitevole di papà Beppino e di una nichilistica libertà di coscienza per giustificare l`eliminazione fisica di una disabile, una esecuzione degna dei nazisti. Secondo loro, un piccolo popolo che ha finalmente trovato a Udine un boia asettico e clinico, saremmo noi a usare il corpo di Eluana. Noi che lo vorremmo in pace, quel sinolo di anima e corpo che appartiene a una cittadina adulta e titolare del diritto alla cura e alla vita; loro che lo hanno sequestrato alle suore misericordine di Lecco e lo hanno gettato in una tetra stanza dove decine di volenterosi carnefici piagnoni lo affamano e lo assetano in reverente obbedienza a una sentenza definitiva. Alla faccia della moratoria contro la pena di morte, quel grido ipocrita della società abortista ed eutanasica ed eugenetica, quel gesto simbolico invocato contro le sentenze definitive di condanna a morte che ora viene rimproverato a noi, che vogliamo una moratoria anche per la Englaro, da questi sepolcri imbiancati. Sarebbe il governo a fare un colpo di stato contro la Costituzione e il diritto. Bugiardi che non sono altro, calunniatori e mistificatori: è un quindicennio che i Defanti e i Mori e gli altri paranoici dell`eutanasia, insieme con i tiepidi testamentari biologici, fanno campagna sul corpo di Eluana Englaro. Una campagna disgustosa. Atrocemente sentimentale. Una campagna pubblica dissimulata nelle sordide cautele della pietà privata simulata. Che fa leva sulla paura della gente, sul pregiudizio ignorante in materia di disabiliti, sulla spregevole indifferenza verso la carnalità pulsante, respirante, anelante della vita umana, quell`indifferenza morale che si dispiega nella società che loro amano, quella dell`aborto, dell`eugenetica, della distruzione della vita per migliaia e milioni di embrioni, dei protocolli che uccidono i down come le spine bifide. Lo avevamo detto, con il professor Ratzinger, che in questo secolo si giocherà sulla vita la battaglia della ragione e del buonumore. Non pensavamo che ci saremmo trovati tanto presto, a queste tristi latitudini, di fronte a un protocollo costituzionale di morte per disidratazione. Non pensavamo che una generazione postideologica sarebbe rifluita tanto facilmente negli imperativi dell`etica nullista, e che questo vecchio popolo di sinistra sfregiato dalla distruzione della vita, della famiglia, della maternità, del sesso, dell`amore coniugale, dell`educazione, della cultura e della cura sarebbe riuscito a imporre una cappa di consenso coatto, totalitario, tale da portare in piazza gente che lotta contro la carità cristiana e la laica cura ippocratica dei malati, e che si prosterna di fronte all`idolo della morte. E un orrore funesto assistere a questa immonda accademia, uno schifo senza speranza.

domenica 8 febbraio 2009

Un invito...

Sono il tutore di Eluana Englaro, ma in questo momento parlo da padre a padre, rivolgendomi al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,ed al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per invitare entrambi, ed essi soli, a venire ad Udine per rendersi conto, di persona e privatamente, delle condizioni effettive di mia figlia Eluana, su cui si sono diffuse notizie lontane dalla realtà che rischiano di confondere e deviare ogni commento e convincimento.

7 febbraio 2009

Il tutore e padre della Sig.ra Eluana Englaro, Beppino Englaro

sabato 7 febbraio 2009

E questo sarebbe il testo...?

"In attesa dell'approvazione della completa e organica disciplina legislativa sul fine vita [,] alimentazione e idratazione in quanto forme di sostegno vitale e fisologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze, non possono in alcun caso essere sospese da chi assiste soggetti non in grado di provvedere a se stessi".
Ecco l'elaborato testo (da 'Repubblica') del dibattuto Decreto Legge.
A mio parere l'abitudine a legiferare solo con finalità di porre rimedio a problemi personali con la Legge (e non certo con i giudici...), induce il nostro Presidente del Consiglio a voler legiferare (contrariamente ai sui compiti istituzionali limitati al potere esecutivo...) su qualsiasi cosa gli passi per la testa, e sempre e comunque per casi specifici ed in perenne 'urgenza' ed affanno. Senza dedicarsi ad aspetti un po' meno legati alla contingenza quotidiana dei suoi problemi personali (o di quelli dei suoi amici), e più legati agli interessi di un gruppo un po' più esteso di persone...
Chessò, qualche problemino economico ce l'avremmo, no? O anche quello si risolve con un paio di decreti d'urgenza?

La risposta del Presidente del Consiglio, 06 febbraio (pomeriggio)

"Abbiamo preso atto del rifiuto del Capo dello Stato ma abbiamo ribadito l'urgenza del provvedimento. Ci siamo riuniti e abbiamo approvato un disegno di legge che recepisce il testo del decreto, rivolgendo un accorato appello al presidente del Senato per l'immediata convocazione dell'assemblea in seduta straordinaria".
Sulla situazione di Eluana: "E' possibile vivere per due o tre giorni senza bere, quindi Eluana potrebbe sopravvivere, basta vedere cosa accaduto nel passato a Pannella".
Eluana è "una persona viva, che respira in modo autonomo, le cui cellule cerebrali sono vive e mandano anche segnali elettrici. Una persona che potrebbe anche avere un figlio. [...] E' in uno stato vegetativo che potrebbe anche variare, come diverse volte si è visto. [...] Non mi volevo sentire responsabile di un'omissione di soccorso per una persona in pericolo di vita".
Sulla lettera di Napolitano: "Non era possibile accettare questo intervento. Abbiamo deciso all'unanimità di approvare il D.L., di affermare con forza che il giudizio di necessità e urgenza è assicurato dalla Costituzione alla responsabilità del governo".
"Se il Capo dello Stato decidesse di caricarsi della responsabilità di una vita, e considerasse di non firmare il decreto [circostanza avvenuta da lì a poco, n.d.r.], inviteremo il Parlamento a riunirsi ad horas e approvare in 2-3 giorni una legge che anticipi la legge già all'esame delle Camere, che contiene questa norma".
"E' stata una innovazione quella che il capo dello Stato, a consiglio dei Ministri in corso, sia intervenuto anticipando una decisione del Cdm circa la sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza per un provvedimento".
"Non si può governare il Paese senza la decretazione d'urgenza. Sono assolutamente convinto che il paese è avanzato, ma con una sua architettura non adeguata ai tempi. Si può arrivare a una scrittura più chiara della Costituzione. Senza la possibilità di ricorrere a decreti legge, tornerei dal popolo a chiedere di cambiare la Costituzione e il governo".

La lettera di Napolitano del 06 febbraio (mattina)

Ecco il testo della lettera inviata dal Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio dei Ministri.

"Signor Presidente, lei certamente comprenderà come io condivida le ansietà sue e del Governo rispetto ad una vicenda dolorosissima sul piano umano e quanto mai delicata sul piano istituzionale - scrive Napolitano -. Io non posso peraltro, nell'esercizio delle mie funzioni, farmi guidare da altro che un esame obiettivo della rispondenza o meno di un provvedimento legislativo di urgenza alle condizioni specifiche prescritte dalla Costituzione e ai principi da essa sanciti. I temi della disciplina della fine della vita, del testamento biologico e dei trattamenti di alimentazione e di idratazione meccanica sono da tempo all'attenzione dell'opinione pubblica, delle forze politiche e del Parlamento, specialmente da quando sono stati resi particolarmente acuti dal progresso delle tecniche mediche. Non è un caso se in ragione della loro complessità, dell'incidenza su diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti e della diversità di posizioni che si sono manifestate - prosegue il capo dello Stato -, trasversalmente rispetto agli schieramenti politici, non si sia finora pervenuti a decisioni legislative integrative dell'ordinamento giuridico vigente. Già sotto questo profilo il ricorso al decreto legge, piuttosto che un rinnovato impegno del Parlamento ad adottare con legge ordinaria una disciplina organica, appare soluzione inappropriata".


"Devo inoltre rilevare che rispetto allo sviluppo della discussione parlamentare non è intervenuto nessun fatto nuovo che possa configurarsi come caso straordinario di necessità ed urgenza ai sensi dell'art. 77 della Costituzione se non l'impulso pur comprensibilmente suscitato dalla pubblicità e drammaticità di un singolo caso. Ma il fondamentale principio della distinzione e del reciproco rispetto tra poteri e organi dello Stato non consente di disattendere la soluzione che per esso è stata individuata da una decisione giudiziaria definitiva sulla base dei principi, anche costituzionali, desumibili dall'ordinamento giuridico vigente".

"Decisione definitiva, sotto il profilo dei presupposti di diritto, deve infatti considerarsi, anche un decreto emesso nel corso di un procedimento di volontaria giurisdizione, non ulteriormente impugnabile, che ha avuto ad oggetto contrapposte posizioni di diritto soggettivo e in relazione al quale la Corte di cassazione ha ritenuto ammissibile pronunciarsi a norma dell'articolo 111 della Costituzione: decreto che ha dato applicazione al principio di diritto fissato da una sentenza della Corte di cassazione e che, al pari di questa, non è stato ritenuto invasivo da parte della Corte costituzionale della sfera di competenza del potere legislativo".

"Desta inoltre gravi perplessità l'adozione di una disciplina dichiaratamente provvisoria e a tempo indeterminato, delle modalità di tutela di diritti della persona costituzionalmente garantiti dal combinato disposto degli articoli 3, 13 e 32 della Costituzione: disciplina altresì circoscritta alle persone che non siano più in grado di manifestare la propria volontà in ordine ad atti costrittivi di disposizione del loro corpo".

"Ricordo infine che il potere del Presidente della Repubblica di rifiutare la sottoscrizione di provvedimenti di urgenza manifestamente privi dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza previsti dall'art. 77 della Costituzione o per altro verso manifestamente lesivi di norme e principi costituzionali discende dalla natura della funzione di garanzia istituzionale che la Costituzione assegna al Capo dello Stato - aggiunge - ed è confermata da più precedenti consistenti sia in formali dinieghi di emanazione di decreti legge sia in espresse dichiarazioni di principio di miei predecessori. Confido che una pacata considerazione delle ragioni da me indicate in questa lettera valga ad evitare un contrasto formale in materia di decretazione di urgenza che finora ci siamo congiuntamente adoperati per evitare".
Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana.

Perchè Alberto Sordi

"Ma chi è che sta parlando? Chi è? Rossi e neri sono tutti uguali? Ma che siamo, in un film di Alberto Sordi? Sì, bravo, te lo meriti, Alberto Sordi! Ciao! Te lo meriti, Alberto Sordi!".
Ovviamente, è lo stesso Nanni Moretti che pronuncia la frase, in 'Ecce Bombo' (1978). Mi dispiace che questa frase abbia, da quel momento lì, deteriorato sino alla fine i rapporti tra i due, creando anche momenti di forte imbarazzo (una premiazione ai Donatello, ricordo...).
Ma è pacifico che Moretti non volesse certo colpire la 'persona' dell'Albertone, bensì la tipologia di personaggio da lui creato (infatti parla di 'film' di Alberto Sordi...).
E in questo, l'Albertone credo sia stato unico. In lui l'Italiano 'vero' (distante anni luce dalla lettura sanremese di totocotugno...), attraverso una visione prismatica creata film dopo film, dagli anni 50 agli anni 90, è stato rappresentato in tutte le sue accezioni, da guitto a piccolo eroe borghese, da lavativo ad antipatico per eccellenza, ma sempre con le sue piccole e grandi piccolezze, furberie, idiosincrasie... Ecco, penso che ciò che rende Alberto Sordi unico, sia non solo la 'antipatia' e la assoluta contrarietà al (falso e retorico) 'buonismo' con cui noi italiani tendiamo a far fronte ai nostri limiti e difetti, ma anche e soprattutto la 'scala' nella quale li presenta, una dimensione sempre piccola, microscopica, in miniatura, che parte dalla propria stanza per arrivare al massimo sino all'uscio di casa. Dandoci finalmente la possibilità di vedere, sotto i nostri occhi, quanto piccola è la dimensione del nostro pensiero, del nostro formicaio. E' in questa scala che si vede, allora, quanto la nostra intelligenza diventi gretta e patetica 'furberia', quanto il nostro coraggio diventi immane 'incoscienza' o puro concetto mafioso in termini di 'onore', quanto i nostri sentimenti diventino becero 'pietismo', quanto il nostro orgoglio diventi ignoranza, disprezzo, razzismo.
Ecco perché ci meritiamo Alberto Sordi: lo vediamo giorno dopo giorno.

La civiltà delle Iene - 1

Ieri alle Iene:
1 - la straordinaria facilità con cui, in un comune della provincia romana, è possibile farsi avere un 'pass' per persone disabili per la circolazione full-time in ZTL, corsie preferenziali, parcheggio gratuito in zona blu e, ovviamente, in zona riservata disabili. Il 'servizio full-optional' ovviamente comprende anche falsi referti medici, esami radiografici "guidati" (!?) e, magia delle magie, il fornire soggetti residenti compiacenti che possano fare da 'base' per l'elezione (fittizia) di residenza in quel comune, imprescindibile per il conferimento del tagliando (rilasciato 'lì' ma valido in tutta Italia...). Costo? Solo 3.000,00 euri. Una vera e propria associazione a delinquere, ma anche un vero 'affare'... Stiamo a vedere se questo simpatico signore (un medico di una ASL di detto comune) avrà qualcosa da dire, oltre alla 'Iena', anche alle Forze dell'Ordine che si spera si rechino subito a fargli un'intervista. Complimenti, un vero 'albertosordi'...

venerdì 6 febbraio 2009

A futura memoria

Riporto quanto ha scritto avant'ieri Adriano Sofri su Repubblica, che condivido parola per parola.
A futura memoria.

Quante parole si sono consumate. "Rispetto", per esempio. Consumata, abusata. "Rispetto, ma...". E poi Vita, e Morte. Come si chiamerà l' assassinio quando si sia chiamata "mano assassina" quella di un medico, di un infermiere? Come si chiamerà la pena di morte quando si sia dichiarata "condanna a morte" la possibilità di lasciare riposare in pace una esistenza irreparabilmente spezzata? Che vocabolario si potrà condividere quando si siano chiamati "volontari di morte" uomini e donne che per professione e vocazione salvano e curano vite fin oltre la ragionevole speranza? Non si illudano, coloro che si sentono difensori della Vita, e hanno proclamato gli altri adepti della Morte. Non è stato questo il punto, non lo è, non lo sarà. C' è una scelta che vuole sequestrare le persone a se stesse, e una che le vuole lasciare responsabili di sé. Chi ha sostenuto il signor Englaro in tanti anni non ha voluto altro che questo. Che fosse riconosciuto che nessuno avrebbe potuto decidere meglio di lui e di sua moglie, che ricordano e immaginano la volontà della loro figlia, finché ebbe una volontà. Qui corre la differenza che vorrebbe lacerare la coscienza di un paese. Da una parte, rispetto vero e vero affetto per qualunque esito si voglia per sé e per i propri cari - un' assistenza a oltranza, senza alcuna riserva e alcuna scadenza, o la rinuncia e la fine. Dall' altra, in nome di un' assolutezza, l' imposizione di una via forzata, a costo del trafugamento dei corpi e del sequestro delle persone. Al costo di trasformare un acquisto della cura - la nutrizione artificiale - in alimentazione forzata per volontà di Dio e legge dello Stato. I cittadini italiani che stanno dalla parte di Beppino Englaro sono tanti, incomparabilmente più numerosi di quelli che si raccolgono a gridare "assassini" al passaggio di un' ambulanza, o di quell' uno che si concede la bravata di sdraiarsi sul cofano dell' ambulanza. Non basterebbe questo, non basta essere maggioranza, e stragrande maggioranza, per stare dalla parte buona. E c' è sia in loro che negli altri rispetto vero, affetto e compassione veri. Quello che decide è l' immedesimazione nella vicenda di quella famiglia. Che cosa vorrei per me, che cosa vorrei per le persone che amo? E qualunque risposta particolare dia a questa domanda, c' è una cosa che non posso volere: che altri, autorità di ogni rango, ministri dello Stato e della Chiesa e della Scienza, mi esproprino della mia libertà di vivere e di morire. È perfino buffo che si deprechi la presunta sfrenatezza "individualista" di questa strenua volontà. Non si vive soli, e sarebbe piuttosto il sequestro di una legge o di un macchinario a far morire soli. Il chiasso delle convinzioni assolute e delle invasioni dei corpi non impedisce di avvertire questa nuova consapevolezza. La politica ci arriva tardissimo e malissimo, persuasa com' è stata per antica tradizione che la propria lussuosa competenza sia l' incompetenza, e che bazzecole come nascita e morte, malattia e dolore fossero affari di preti e di medici, o tutt' al più di radicali. Ma è questo uno degli ambiti in cui le persone sono molto più avanti: perché le persone si ammalano, conoscono l' odore degli ospedali, si improvvisano infermieri, sanno che cosa vuol dire diventare così vecchi, si stringono, ragazzi coi motorini, nell' anticamera di una rianimazione in cui uno di loro sta fra la morte e la vita, e quale vita. Principi della Chiesa rincarano le loro incrollabili prescrizioni. Ma anche il loro vocabolario scricchiola. "Eutanasia", ha ripetuto Benedetto XVI domenica, "falsa risposta alla sofferenza". Forse non intendeva rispondergli il presidente della Repubblica, quando ha detto asciuttamente che nella vicissitudine di Eluana non si tratta di eutanasia. Non è eutanasia. È l' interruzione di una cura non voluta - diciassette anni dopo! - lecita e buona quanto la prosecuzione di una cura voluta. Ci sono anche altri segni, nella lingua. Non conosco il presidente della Camera, e l' idea che me ne sono fatto negli anni derivava anche da certi suoi tic retorici: «Non v' ha dubbio alcuno che...», «Di tutta evidenza...». Ieri ha detto di aver solo dubbi, e nel dubbio di affidarsi ai primi responsabili: «Personalmente ho solo dubbi, uno su tutti: dov' è il confine tra un essere vivente e un vegetale? Penso che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta. E avverto il dovere di rispettarla». C' è un bellissimo pensiero, forse il più umano dei pensieri, nel discorso che il Papa ha voluto dedicare domenica all' ennesima condanna dell' eutanasia. «Nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio». Un pensiero così bello, la ribellione alla dilapidazione delle lacrime non asciugate, non viste, non ascoltate che bagnano la terra, ha tuttavia santificato in passato e vorrebbe giustificare ancora una rassegnazione alla sofferenza. Rifiutare il dolore, curarlo, lenirlo, ridurne l' aggressione alla dignità dei corpi e delle menti, è un compito decisivo. Non basterà a cancellare la sofferenza dalla condizione umana: quella sofferenza che, anche senza cercarne il riscatto in un Dio, vissuta da ciascuno e da ciascuno immaginata, permette agli umani di sentirsi prossimi e fraterni. È questa solidarietà il senso della nostra sofferenza. Oceani di lacrime inondano la terra. Se non c' è un Dio a raccoglierle, e tanto meno ad amarle come un sacrificio umano a lui offerto, ciascuno di noi può prendersene una parte. Nei prossimi giorni si vorrà inscenare l' impressionante gara di angeli e demoni che si contendono il corpo di Eluana, come in un Trionfo della Morte del medioevo contemporaneo, che vuole celebrare nell' aldiquà il suo giudizio universale. Sceso dal suo viaggio di accompagnamento di Eluana, l' Eluana com' è oggi, non quella delle fotografie, il primario di anestesia udinese ha detto parole toccanti: «Sono profondamente devastato come uomo, come padre, come medico e come cittadino. Tutta la società civile dovrebbe riflettere sullo scollamento tra il sentire sociale e la posizione della politica e della chiesa sul tema della vita vegetale». Il Parlamento andrà avanti a discutere di una legge sulla fine della vita, che vorrà forse sfidare la libertà e la volontà della grande maggioranza dei cittadini, costringendoli vita natural durante, e anzi innaturale, alla alimentazione forzata. Se avvenisse, la legge colmerebbe un vuoto con un pieno assai peggiore. - ADRIANO SOFRI

6 febbraio 2009

Perché Meritarsi Alberto Sordi?
Oggi non c'è la tranquillità necessaria per scriverci su.
Oggi c'è Eluana..., e c'è il Governo. E' di non più di un'ora fa la notizia del decreto 'salva (?) - Eluana'. Ecco, cosa ci meritiamo: il peggio. Addirittura Fini è riuscito a dire (anche nei giorni scorsi) qualcosa di non banale. Complimenti. Propongo una cosa: fonti 'ufficiali' hanno negato il contatto telefonico tra Santa Sede (Tettamanzi?) e il Capo del Governo (che, prometto, non pronuncerò mai). Ecco: suggerirei di utilizzare un'intercettazione telefonica, per verificare la notizia... O è segreto di stato?
Io sono laico, e mi ritengo ben più 'caritatevole' di qualsiasi cattolico. Non fosse altro che per non voler 'convertire' nessuno e rispettare le scelte di tutti, e di ciascuno.
Mi fa schifo la violenza di questi giorni, e spero davvero che questa storia finisca presto, così come è già finita 17 anni fa...
Proporrei la data di oggi (giorno anche di un'altra inaudita violenza sul corpo e sull'anima dell'uomo (della donna), quale l'infibulazione) come il giorno di commemorazione del principio della laicità dello stato e della non ingerenza della Chiesa nella vita politica.
Domani chissà, ma oggi c'è da incazzarsi, anche con le lacrime agli occhi...